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Oli esausti: da rifiuti problematici a materia prima seconda
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December 18, 2020

Gli oli esausti inquinano
Partiamo subito dall'aspetto problematico degli oli esausti: il loro sversamento nell’ambiente ha un impatto negativo sull’ecosistema perché l’olio non è biodegradabile.
Se disperso in acqua forma un velo che impedisce ai raggi solari di penetrare con conseguenze sull'ossigenazione dell’acqua e quindi sulla vita animale e vegetale; se disperso nella terra impoverisce il terreno perché crea un film impenetrabile che non permette alle piante di assorbire acqua e sostanze nutritive; se poi giunge alle falde acquifere c’è il rischio che renda l’acqua non potabile, intasando anche i depuratori e alimentando i cosiddetti “fanghi” di difficile smaltimento.

Che cosa sono gli oli esausti
Per oli esausti si intende qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli lubrificanti e gli oli per turbine e comandi idraulici. Chi detiene questo tipo di oli è tenuto a smaltirli secondo una procedura ben precisa che a seconda dei casi determina la destinazione finale dell’olio esausto.
In Italia, secondo Ispra, lo smaltimento degli oli usati avviene principalmente per rigenerazione (86% del totale), un processo che consente di trasformare gli oli usati in una base lubrificante con caratteristiche qualitative simili a quelle che derivano dalla lavorazione diretta del petrolio e che permette anche di ottenere gasolio, combustibili, additivi per bitumi e zolfo.
L’olio non idoneo alla rigenerazione viene destinato a recupero energetico (14%), mentre se contiene sostanze inquinanti viene inviato alla termodistruzione (0,1%).
Oli esausti da cucina
L’olio esausto da cucina, cioè quello usato per cucinare (olio da frittura ad esempio) o quello che si trova nelle conserve, veniva gestito senza distinzione con l’olio esausto industriale, minerale o sintetico, fino a quando nel 1997 è stata fatta una normativa ad hoc ed è stato istituito un Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti.

Secondo il ministero della Sanità si producono 280.000 tonnellate l’anno di questo tipi di oli e grassi esausti e più del 50% di questi deriva da uso domestico, quindi è prodotto dai privati cittadini, il restante deriva da attività di ristorazione e imprese nel campo alimentare che però secondo la legge devono trattarlo come rifiuto speciale e affidarlo a ditte specializzate nello smaltimento.
Il problema con gli oli esausti di origine domestica
Gli oli esausti di origine domestica, che abbiamo visto costituire la maggioranza di quelli cosiddetti da cucina, sono problematici da gestire perché i sistemi di raccolta e recupero sono poco sviluppati e non capillari. C’è molta disinformazione riguardo a quale sia il corretto smaltimento e ognuno fa un po’ come crede con il risultato che ancora tantissime persone sversano l’olio da frittura nel lavandino della cucina, nel wc o nella terra credendo sia un buon concime per le piante, ignorandone le conseguenze altamente nocive sull’ambiente.
Esistono vari progetti che mirano a sensibilizzare i consumatori e che prevedono sistemi di raccolta come l’installazione di sempre più punti di deposito (“campane”) presso edifici pubblici, in ogni caso l’olio da frittura o l’olio delle conserve andrebbe conservato in un contenitore separato e quando colmo, andrebbe portato alle isole ecologiche per un corretto smaltimento. In molte città italiane alcuni supermercati fungono da centri di raccolta dove si possono consegnare gli oli gratuitamente.
Come si riciclano gli oli da cucina esausti
Gli oli vegetali e animali esausti vengono riciclati e usati principalmente per la produzione di materie prime seconde come lubrificanti vegetali, biodiesel e grassi per l’industria. Un’altra materia prima che si può ricavare dagli oli esausti è una glicerina per la saponificazione.
Il sapone solido per piatti che trovate su Minima agisce proprio nella direzione di un’economia circolare: il 15% dei suoi ingredienti è costituito da oli vegetali da frittura post-consumo e cenere di legna.
In questo modo l’olio viene usato due volte e da rifiuto, attraverso un processo di filtrazione e saponificazione che lo trasforma in un tensioattivo biodegradabile, diventa un sapone per piatti che contribuisce ad abbattere i costi di recupero e di smaltimento di oli esausti.
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