Minima Shop
May 28, 2020

Chi fa uso di assorbenti usa e getta, ne consuma in media 8.000-12.000 nel corso della sua intera vita. I dispositivi sanitari femminili sono alcuni tra i rifiuti di plastica più trovati sulle spiagge e nei mari europei.
Quelli tradizionali e più largamente usati sono fatti di un mix di plastiche diverse e non sono (ancora?) riciclabili (in Italia esiste l'unico impianto al mondo in grado di riciclare gli assorbenti ma la raccolta differenziata non è ancora capillare).
La composizione esatta varia da marca a marca, ma di solito spulciando sui siti dei principali produttori, si capisce che la struttura è sempre la stessa:
- un primo strato composto da polipropilene e polietilene
- un secondo strato composto da cellulosa e da un emolliente (petrolato) per "proteggere" la pelle che viene a contatto direttamente
- nucleo assorbente fatto da una schiuma polimerica o gel polimerico per assorbire il sangue
- ultimo strato, quello che serve a evitare fuoriuscite e perdite, fatto da un film di polietilene.
- la confezione del singolo assorbente e la confezione esterna che raccoglie più assorbenti vendibili insieme, entrambi fatti di film di polietilene, e la colla che tiene insieme tutti gli strati dell’assorbente e che tiene l’assorbente attaccato alla mutanda tramite le “ali”, fatta di copolimeri e resine idrocarburiche.
E gli assorbenti interni?
Anche questi hanno un nucleo assorbente, la parte più a stretto contatto con la mucosa vaginale, che di solito è fatto di cotone e rayon, e che è avvolto da uno strato di polipropilene e polietilene.
Il cordino per estrarre il tampone di solito è in cotone e poliestere, la treccia per attaccare il cordino al cuore assorbente è poliestere, l'applicatore è in plastica.
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